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Vere presenze: architettura contemporanea e preesistenze storiche ad Isernia

febbraio 18, 2012

Questo articolo nasce da un disimpegno, ovvero a causa di una delle tante rassegnazioni italiane, ed è scritto in difesa di un ideale più vasto: quello che intende la storia come sostanza capace di interagire con noi qui ed ora.

Ho appreso dall’ architetto Franco Pedacchia, ex-funzionario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali presso la Soprintendenza del Molise, della volontà da parte del nuovo direttore regionale dott. Gino Famiglietti di provvedere allo  smantellamento della struttura di copertura dei ruderi della chiesa di Santa Maria delle Monache nel centro storico di Isernia.

Ma chi è Franco Pedacchia? Spendo solo poche righe per dire che mi sono occupato dell’ architetto Pedacchia, recensendo sue opere su riviste internazionali e in due pubblicazioni acquisite presso importantissime istituzioni estere come la biblioteca dell’ Harvard Graduate School of Design e quella del prestigioso Getty Institute di Los Angeles, specializzato, come noto, negli studi sul restauro e il recupero dei beni culturali.  Non vi sarebbe neanche da aggiungere, a testimonianza di impegno culturale e vocazione nei confronti del Ministero dei beni e delle attività culturali, che l’ architetto Pedacchia è stato anche consigliere scientifico presso il gabinetto del Ministro Oddo Biasini, e presso il Sottosegretario Giuseppe Galasso con cui ha collaborato alla stesura della legge per i beni paesistici n 431/85.

Ad ogni modo il progetto in questione, elaborato proprio dal Pedacchia, pur essendo in corso di ultimazione, ha suscitato perplessità tali da richiedere il parere consultivo dei comitati tecnico-scientifici del Mibac.

Interrogazione senza dubbio legittima, ma che denuncia quantomeno sospetto e diffidenza nei confronti dei direttori regionali che avvicendatisi nel tempo, altrettanto legittimamente, avevano già precedentemente autorizzato lavori e finanziamenti.

Non riuscendo a capire quale sia il progetto culturale di una Soprintendenza che decide di abbattere un’ opera in via di completamento, e non comprendendo l’ operato di un ministero che proprio ad Isernia, come denunciato nella puntata del 12/02/2012 di “Presa diretta” trasmessa su Rai tre, tiene chiuse le porte del  Museo Nazionale del Paleolitico e smantella la ricostruzione del paleosuolo già visitabile presso il Museo Nazionale di Santa Maria delle Monache, devo ritenere che il disimpegno nei confronti del progetto del Pedacchia abbia altre ragioni, non essendoci, alla luce dei fatti, una concreta proposta alternativa.

Né tantomeno credo che siano state prese in esame, sul piano meramente economico, valutazioni costi-benefici di proposte alternative, o di una eventuale demolizione, da contrapporre al completamento dell’ opera.

Ma dal momento che la mia intenzione non è quella di ingaggiare una volgare polemica contro il disimpegno degli enti pubblici, voglio supporre che le perplessità a proposito del progetto di Pedacchia riguardino una riflessione di ordine più ampio sugli interventi di linguaggio dichiaratamente contemporaneo in un contesto storico.

Dal momento che la questione mi pare così più correttamente posta vorrei spendere qualche parola nei confronti delle “Vere presenze” che io ho visto ad Isernia: nel progetto di Pedacchia per le pensiline a copertura dei ruderi archeologici davanti all’ Ospedale e in quello di valorizzazione dei i ruderi di Santa Maria delle Monache.

“Vere presenze” è il titolo che prendo in prestito da un importante libro scritto da George Steiner, figura di primo piano della cultura internazionale. E parafrasando Steiner affermo con sicurezza che nei confronti della storia è necessaria un’ interpretazione che sia azione e pensiero e non passività.

In Italia la cultura architettonica in riferimento al restauro e all’ antico, è spesso legata all’ ambientamento, ovvero alla pratica del falso e a quella dell’ inganno, da cui ne deriva un’ offesa alla storia ed un oltraggio all’ estetica, come ammoniva Cesare Brandi commentando l’ adagio nostalgico del dov’ era com’ era.

Essere passivi significa essere semplici spettatori, come davanti alla televisione, significa rassegnarsi ai luoghi comuni e rinunciare a fare storia.

Al contrario il tentativo proposto da Pedacchia indaga il funzionamento dell’ antica spazialità e del luogo, lo coinvolge in un processo rigenerativo senza indicare formule risolutive, interpreta ed immagina la storia evocandola con una fantasia che si manifesta in forme e gesti che esprimono un’ architettura ed un’ arte militante, finanche sovversiva, capace di fare da contrappunto ad una burocrazia immobile, reticente, sonnecchiante, falsificatrice (mi riferisco nello specifico anche ad alcuni lavori operati precedentemente all’ intervento del Pedacchia sulle preesistenze architettoniche di Santa Maria delle Monache).

Inoltre il progetto di Pedacchia ha tre caratteristiche qualificanti:

1-Si presenta come un’ opera sperimentale dal punto di vista architettonico, dissonante ma non mimetica, suggerisce di analizzare il nuovo intervento col metro critico riservato all’ odierna architettura. Inoltre l’ intervento non ha arrecato danni alla preesistenza.

2-Dialoga con il paesaggio, guidando lo sguardo del visitatore verso le colline circostanti che preservano quei caratteri di autenticità tipici del contesto naturalistico della provincia di Isernia. Viceversa da quelle stesse colline l’ apparente gestualità delle coperture progettate da Pedacchia appare capace di adagiarsi pacatamente nello skyline, nel frastagliato profilo dei tetti della città di Isernia.

3-E’ un opera che nasce stimolando le capacità progettuali dell’ amministrazione e quelle realizzative delle maestranze locali.

Ma c’è di più. Il progetto di Pedacchia è “un incontro con una apparizione imprevista, come un incontro all’ angolo della strada con l’ amante, con l’ amico, con il nemico mortale” (G. Steiner), desta preoccupazione perché in fondo induce a pensare e ci fa sentire vivi.

Altri articoli su Franco Pedacchia:

https://lucaguido.wordpress.com/2010/03/29/una-cripta-contemporanea/

https://lucaguido.wordpress.com/2010/04/13/il-disegno-come-racconto/